Come Pescare in Foce a Galleggiante in Modo Proficuo con Diverse Tecniche

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Occorre un po’ tornare indietro nel tempo e ripercorrere con calma l’evoluzione delle varie tecniche di pesca leggere praticabili con successo in mare ed in foce.

Queste sono essenzialmente quattro: bolognese, roubaisienne, pesca all’inglese e ledgering. Noi prenderemo in esame le prime tre.

Questo “tris” d’assi ha dalla sua diverse analogie tecniche e tante differenze, utilissime per diversificarne l’impiego a seconda degli spot scelti, delle loro condizioni e dei pesci insidiati.

Tra le analogie segnaliamo senza dubbio l’origine dulciacquicola, l’impiego in gara e l’estrema versatilità di ognuna di esse, mentre le differenze sono essenzialmente di tipo tecnico in quanto ciascuna di queste ha delle specificità tecniche notevoli che devono essere comprese e poi applicate da tutti i pescatori, in modo da sfruttarne appieno le grandi potenzialità.

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Per non creare confusione e soprattutto per cercare di spiegare bene a chi legge quali sono queste specificità tecniche di cui sopra, approfondiremo il discorso tecnica per tecnica iniziando dalla bolognese passando per l’inglese e terminando con la roubaisienne, forse la tecnica di pesca specialistica meno sfruttata in assoluto in mare e soprattutto in foce.

Bolognese

Senza dubbio parliamo della tecnica di pesca più amata dagli italiani, ma non per questo quella meglio praticata, specie in mare ed in foce, dove la tendenza di molti appassionati è quella di pescare sempre il più leggero possibile.

A volte questo paga, ma in altre occasioni invece, è altamente penalizzante, specie in presenza di tanta profondità e correnti provenienti da varie direzioni.

Ecco allora che scelta del tipo e della grammatura del galleggiante e soprattutto della geometria della piombatura necessaria a tararlo, uniti naturalmente anche al tipo di esca che useremo, sono particolari tecnici di assoluta rilevanza ai fini della buona riuscita delle nostre battute di pesca. Uno dei fattori determinanti è rappresentato dal rapporto profondità/velocità della corrente/pesci insidiati.

Pescare le spigole a bigattino in tre metri d’acqua medio veloce non è uguale a pescare le orate con la cozza su sette metri d’acqua lenta o ferma e nemmeno a pescare con il coreano nelle veloci acque di un porto canale.

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Ogni luogo ha la sua lenza perfetta, che deve essere in grado di far muovere l’esca che abbiamo scelto come se si muovesse in acqua libera da ogni vincolo, in sintesi come se non fosse innescata su un amo, legato ad un filo su cui sono schiacciati dei piombi necessari a tarare un galleggiante.

Quindi per ottimizzare sempre la nostra azione dovremo essere in grado sempre di scegliere con grande cura ed attenzione il galleggiante ed il tipo di montatura da impiegare con ogni tipo di esca. In questo i pescatori d’acqua dolce sono un po’ più favoriti in quanto abituati da tempo a pescare pesci difficili come cavedani in condizioni spesso molto diverse ed anche impiegando esche che richiedono presentazioni e montature anche molto differenti tra loro.

Il bigattino richiede quasi sempre lunghe e precise spallinate, erba, pane, frutta e crisalidi sono invece esche che possono essere presentate anche con zavorre raccolte che prevedono anche l’impiego della torpille o di piccoli pallettoni accompagnati da una scalatura di pallini spaccati.

Anche in mare vale lo stesso discorso, anche se, a parte il bigattino, naturalmente cambiano tutte le esche impiegate. Se si pesca a bigattino, la migliore presentazione si ottiene sempre impiegando una spallinata più o meno pesante e lunga, da scegliere in rapporto al peso del segnalatore, alla profondità di pesca ed alla velocità della corrente.

Innescando il gambero, invece, su bassi fondali e poca corrente, possiamo impiegare sempre delle spallinate, ma più concentrate, in modo da favorire una corretta azione di trattenuta che consenta al gambero innescato di raggiungere rapidamente il fondo e poi, grazie all’azione di trattenuta, di staccarsi da questo a comando del pescatore, diventando un’insidia perfetta per le spigole.

Se però la corrente è forte e la profondità elevata (oltre i 3.50 – 4 metri) è meglio optare per una zavorra concentrata, costituita da una torpille o da una sfera di piombo, che tari il segnalatore al 90% e tre pallini spaccati montati scalati sotto.

Così operando, abbiamo la certezza di raggiungere immediatamente il fondale senza perdere tempo e sempre grazie alla trattenuta, di far lavorare l’esca nel modo più corretto. Impiegando invece come esca il coreano intero ed operando in foce alla ricerca di qualche bella spigola, occorre considerare in primo luogo il fatto che gli attacchi avvengono spesso dopo il lancio e cioè quando l’esca è sempre relativamente vicina alla superficie.

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Quindi, meglio impiegare un galleggiante piombato e zavorrare poco la lenza in modo anche da favorire il movimento naturale dell’anellide in acqua, che deve comportarsi come se non fosse innescato.

Due o tre olivette da montagna che, grazie alla caratteristica di essere di piombo tenero, possono essere spostate a piacimento sulla lenza sia avvicinandole che allontanandole tra loro, rappresentano la giusta soluzione in quasi tutte le occasioni.

Prima di passare ad analizzare la pesca all’inglese un particolare tecnico interessante: pescando con il gambero ed il coreano, cioè con esche che non necessitano di pasturazione, è indispensabile affinare il nostro senso dell’acqua come occorre fare quando si affrontano le acque di un torrente a caccia di fario selvatiche.

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Capire dove il pesce può essere in caccia, cosa potrebbe mangiare e soprattutto dove lanciare per far arrivare la nostra insidia in quel preciso posto nel modo giusto sono particolari tecnici alla base della riuscita di ogni battuta di pesca.

La pesca all’inglese

In mare, salvo rarissimi casi, la tecnica di pesca all’inglese viene impiegata in acque lente o ferme, utilizzando piccoli straight waggler trasparenti, per pescare leggerissimi sulla fiondata di bigattini.

Fino a qui tutto giusto, ma limitare questa tecnica solamente a questa applicazione è davvero molto riduttivo in quanto non si sfruttano per niente tante importanti peculiarità tecniche di questa disciplina che derivano tutte dal suo impiego in acque dolci, soprattutto nelle competizioni.

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Tutti gli appassionati di pesca in mare dovrebbero infatti perdere un po’ del loro tempo per imparare correttamente a pescare all’inglese scorrevole, una tecnica di pesca che consente un’ottima presentazione dell’esca su fondali importanti ed anche a notevole distanza da riva.

Per pescare scorrevole, oltre ad una canna in tre pezzi lunga almeno 4.50 – 4.80 metri e un mulinello veloce e a bobina larga caricato con del nylon affondante, servono galleggianti un po’ inusuali per il mare, cioè bodied waggler di peso compreso tra i 10 ed i 16 grammi che però devono consentire di montare sulla lenza da 3 a 8 grammi di piombo.

Tenendo conto che la regola vuole che per pescare correttamente scorrevole serve sulla lenza un grammo ogni metro di profondità, con questa gamma di galleggianti riusciremo a pescare su fondali compresi tra i 3 e gli 8 metri anche alla massima distanza raggiungibile lanciando grammature del genere.

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In questo caso occorre costruire la lenza seguendo le ultime tendenze emerse nell’agonismo d’acqua dolce, cioè sostituendo ” l’antico” bulk con una sfera in piombo scorrevole, fermata in basso da un salvanodo ed una girellina a cui viene applicata una treccia in nylon lunga almeno 50 cm (oppure 10 cm in più della lunghezza del galleggiante) che termina anch’essa con una girella da cui partono 150 cm di 0.18/0.16 che termineranno con il terminale, costituito da almeno 40 – 50 cm dello 0.14 /0.12.

Sopra il galleggiante dovrà essere fissato o uno stopper in silicone o uno realizzato con il filo che si impiega per le legature degli anelli delle canne.

Una volta sondato il fondale, pescando così ci possiamo permettere di far lavorare correttamente due bigattini su sei – sette o otto metri di profondità anche a trenta o quaranta metri dalla riva, sondando postazioni di pesca altrimenti difficilmente raggiungibili.

E’ chiaro che la pasturazione dovrà seguire regole ben precise (bigatti incollati con la ghiaia e lanciati a fionda) e che la corretta misurazione del fondo è fondamentale ai fini dei buoni risultati che certamente otterremo. Impiegando questa tecnica di pesca anche la brezza ed il vento, sempre fastidiosi in mare, vengono tranquillamente bypassati.

In foce poi, potrebbe essere interessante anche sfruttare le caratteristiche offerte dallo stick float, il tipico galleggiante di origine anglosassone adatto per la pesca in corrente.

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 Con questo tipo di galleggiante si pesca sempre molto corti, ma si ha un controllo della passata eccezionale e semplicemente variando la geometria della piombatura si possono affrontare con successo tante situazioni e tanti pesci.

Questo vuole essere solo un accenno, ma vi promettiamo che torneremo certamente sull’argomento in futuro, approfondendolo con cura come nostro solito.

La roubaisienne

La tecnica internazionale per eccellenza, quella più praticata dagli agonisti di tutta Europa è praticamente sconosciuta in mare e pochissimo praticata in foce, dove invece riesce ad offrire prestazioni davvero degne di nota che vanno dal presentare a 13-15 metri da riva una lenzetta da 4 x 14 aperta e leggerissima per pescare alla passata o a galla sulla fiondata dei bigattini, alla possibilità di trattenere un galleggiante a vela da 20 – 30 grammi e far lavorare correttamente i nostri due bigattini innescati in una corrente altrimenti non affrontabile con altre tecniche che prevedono l’impiego del galleggiante oppure di utilizzare una mini vela, o riuscire a vincere il forte vento che sempre disturba durante l’azione di pesca.

Che dire poi della pesca dei cefali con il pane, dove una roubaisienne manovrata correttamente diventa una vera e propria arma impropria, in quanto consente presentazioni e ferrate difficilmente eguagliabili da bolognese e canna fissa, con una percentuale di riuscita davvero molto alta.

Se per la pesca leggera le lenze sono abbastanza intuibili e non si discostano molto da quelle classiche impiegabili con la fissa e la bolo, quando ci troviamo ad affrontare le difficili e veloci acque della foce, le esperienze acquisite in acque dolci principalmente nell’agonismo possono esserci davvero molto utili.

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Proprio pensando a questo eccoci a proporvi la pesca con le grosse e le piccole vele, un sistema che consente in ogni occasione di pescare in vicinanza del fondo e della pastura. Partendo dal presupposto che si tratta di impiegare galleggianti particolari che prevedono un’azione di pesca in costante trattenuta, lasciamo volentieri spazio ai due disegni delle lenze, certamente più esplicativi di tante parole.

Ci teniamo comunque a dire che impiegando galleggianti a vela da 8 a 20 grammi si riesce bene a pescare in quasi tutte le situazioni, comprese quelle al limite della pescabilità, mentre l’impiego di segnalatori a vela piccoli (da 1 a 3 grammi) è indicato per situazioni particolari come ad esempio la necessità di pescare leggero sulla pastura, ma con lenza abbastanza ferma e controllata come potrebbe capitare nel caso di pesca ai cefali con il pane in acqua corrente, ma non troppo veloce.

Questa volta abbiamo affrontato la faccenda a grandi linee, proponendovi anche alcune lenze base su cui lavorare: provatele sui vostri spot, modificatele a vostro piacimento per renderle più adatte al vostro gesto di pesca ed alle caratteristiche dei pesci presenti.

Cambiate tecnica, osate quello che gli altri non faranno mai, lavorate con la vostra mente, sperimentate, elaborate soluzioni e soprattutto non adagiatevi mai sui successi ottenuti. Andare oltre è il segnale che fa capire che siamo sulla strada per diventare pescatori con la P maiuscola.

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