Come Pescare le Trote in Torrente con il Pendolino

“Il pendolo è un sistema costituito da un filo inestensibile e da una massa, fissata alla sua estremità, soggetta all'attrazione della gravità”. Posto che questa definizione descrive in maniera ineccepibile il pendolo studiato dal grande Galileo Galilei  che ne ha intuito la prerogativa principale, ovvero l'isocronismo (costanza dei tempi di oscillazione), se spostiamo il concetto, applicandolo alla pesca della trota in torrente, vedremo che, fatta salva la definizione storica, il terzo millennio ha prodotto nuove implicazioni riguardo all’impiego del celeberrimo peso sospeso ad un filo.

Nel gergo dei pescatori, infatti, il pendolo o pendolino per i più delicati, altro non è se non una zavorra, preferibilmente di forma allungata,  più o meno tozza, che mediante un’opportuna montatura consente di affrontare molteplici situazioni in acqua corrente, rivelandosi versatile e multiforme.

L’attrazione gravitazionale, di cui parlava Galileo, in acqua corrente gioca un ruolo secondario, in quanto il pendolo, soggetto alla spinta più o meno impetuosa della corrente fluviale, viene da questa aggredito e trasportato in maniera inversamente proporzionale al suo peso e alla sua forma…

A questo punto direte che ho già rotto i pallettoni con queste dissertazioni al limite della fisica ma, scherzi a parte, parlare del pendolo significa presentare una montatura di straordinaria efficacia, in grado, molte volte, di fare la differenza. Prima di suggerirvi il mio modo di montare il pendolo sulla lenza, è bene parlare un attimo degli scopi per cui viene adottato, a seconda delle situazioni:

  1. Uso sottocanna: il più banale e forse il meno usato, in quanto spesso si preferisce ricorrere a montature diverse (corona, spirale pallettone…). Permette di variare in tempo brevissimo il peso del piombo e affrontare di conseguenza buche o correntine in modo alternativo e adeguato. Confesso che, negli anni 80/90, ho usato spesso tale montatura anche nelle partenze di gara, soprattutto in presenza di molto pesce, ottenendo risultati decisamente confortanti.
  2. Alternativa alla classica spirale: in una pesca che prevede lanci sottocanna ad una certa distanza o l’uso della 5/6 metri da lancio per raggiungere posizioni di pesca impensabili per la 13 metri.
  3. Alternativa al pallettone: su fondali impegnativi che richiedono zavorre comunque pesanti ma più agili della classica biglia.

La morfologia  del pendolino è davvero infinita e le ditte produttrici si sbizzariscono in una gamma davvero disorientante di forme e di colori (ne ho visti addirittura a forma di fallo colorati in rosa, anche se sinceramente non so, almeno nelle dimensioni più piccole, a cosa possano servire). Posto che tutti possono andar bene, cerchiamo di fare un po’ di luce sulle possibili alternative d’impiego…

Se vogliamo usarlo per la pesca sottocanna, scegliamo un pendolo di forma non troppo allungata, con un peso di poco inferiore a quello necessario per farlo piantare sul fondo; terminale non molto lungo, in grado di trasmettere immediatamente  le tocche della trota.

E’ un sistema che rende bene in condizioni di acqua fortemente velata, perché permette di sentire il fondo con sicurezza senza stare troppo inchiodati.
Se ci troviamo nella necessità di affrontare un corso d’acqua largo, con trote fuori portata e corrente moderata, può essere utile impiegare un pendolo di peso non eccessivo e forma allungata.

In pratica, il giusto compromesso tra il peso necessario per raggiungere il pesce e la necessità di non piantarsi sul fondo appena tocchiamo l’acqua. Se le trote sono piantate o poco intenzionate a correre, può andar bene un pendolo più pesante, che proceda  lentamente o ci consenta addirittura di restare fermi in paziente attesa. La canna potrà essere la classica lunga o la bolognese di punta da spirale. Terminale piuttosto lungo e amo, come sempre, adeguato all’esca.

Se vogliamo usare il “nostro” in alternativa al pallettone, scegliamo una forma tozza, senza esagerare, ricordando che comunque il pendolo, a parità di peso, cammina più del pallettone. Terminale in proporzione al peso della zavorra, allungandolo in caso di pesi considerevoli.

E veniamo alla mia montatura nello specifico. Premesso che ognuno ha il suo modo di procedere e convinzioni personali difficili da sradicare, io vi propongo il mio modo di assemblare il pendolino, sistema che, ad oggi, è quello che mi garantisce il minor numero di casini e di intrecci tra filo e girelle.

Procediamo con ordine:

  • Un metro di filo, diametro 20/22  o più grosso, a seconda dei mostri che popolano le vostre acque.
  • Girella tripla.
  • Tubicino di plastica rigida, di lunghezza compresa tra i 3 e i 4 centimetri. Vanno bene quelli trasparenti delle bombolette dell’olio o quelli riciclati da vecchie bombarde in disuso o…vedete voi. Anche tubicini colorati possono andar bene, visto che comunque non entrano in diretto contatto con il pesce.
  • Girella tipo rolling semplice di piccole dimensioni, 18/20, con moschettone rigorosamente di tipo tradizionale. I moschettoni a spilla sono infelici per questa montatura: il filo si infila nel gancio e il tutto, sotto la rotazione dell’esca, si incasina alla grande. Al moschettone, ovviamente, va collegato il pendolo.
  • Asola semplice per agganciare il tutto alla girella della lenza madre o, se preferite, e avete fatto 6 al Superenalotto, ulteriore girella all’altra estremità del filo.
  • Per ultimo, se proprio volete catturare ‘ste benedette trote, legate alla girella tripla il terminale, di diametro, lunghezza e amo a seconda delle esigenze.

La foto precedente vi chiarirà meglio di  qualsiasi altra spiegazione la mia versione di montatura da pendolo. Ah, dimenticavo, non l’ho inventata io, me l’ha suggerita in sogno Galileo, che la usava in Piazza dei Miracoli per agganciare le belle turiste che visitavano Pisa. Un cordiale e affettuoso “in bocca alla fario” a tutti voi!

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