La Sagra dell'Apertura

  • Allora, pronti per domani? -
  • Pronti. Mezzo agnello, un paio di chili di costine di maiale, tre chili di salsiccia  dolce e piccante… il “Cadavere” porterà la selvaggina, come di consueto? –
  • Pare di si, e anche un paio di soppressate che ha fatto il suocero. Ho trovato due polli ruspanti: non ti scordare gli aromi e porta quel tuo digestivo alle erbe, ne avremo bisogno!
  • Ok, il vino è quello serio? Non facciamo come l’anno scorso, ce ne vogliono almeno dieci litri, siamo in cinque!

E via, di questo passo, con l’amico fraterno Tonino…

Ma non dovevamo parlare dell’apertura? Appunto. Da anni, ormai, la nostra è questa. Sveglia comoda, colazione al bar, una strologata per spiare le condizioni meteo e partenza. Per il luogo più vicino e rassicurante dove si possa immergere la lenza con la speranza di allamare una trota.

Dopo due o tre ore di pesca, l’attenzione si sposta sulle vettovaglie e si tira così fino al tramonto. Al massimo, un breve ritorno pomeridiano all’acqua, per vincere la “biocca”, e poi di nuovo, tra grigliate e calici traboccanti. 

Lo so, può sembrare non molto “professionale”, non da trotaioli veraci, ma ritrovarsi sull’acqua in serena compagnia, riscoprire la luce della primavera tra i salici della sponda che cominciano a gonfiarsi di linfa nuova, da un po’ di tempo ci gratifica più che il catturare cento trote. Per carità, le prendiamo anche noi, ma solo per dire che siamo tornati a pesca.

Anche perché non so quanti siano i comuni mortali che possano godersi romanticamente la classica  pescata, fuori dal caos di concorrenti vecchi e improvvisati. All’apertura quasi ovunque è una baraonda di gente e se davvero esistono posti dove non c’è nessuno, spesso sono quelli dove non ci sono nemmeno i pesci.

Per anni sono andato a rompermi le gambe nei fossi più impervi e dimenticati, per prendere dei sonori cappotti e scoprire, alla fine che, almeno il primo giorno della stagione, è bello sentire qualche strattone alla lenza e vedere piegare il cimino. Salvo a rimettere in acqua la malcapitata che incautamente ci ha rinnovato l’emozione della cattura…

Il giorno fatidico, auspico sempre che il tempo sia mite, che non piova, per  godere il più possibile della natura, ascoltare gli zirli del tordo, il chioccolare dei merli, prendere in viso il sole, immaginare che il tempo non sia passato, illudermi che possa essere un’apertura di quando avevo vent’anni. Il vino buono e la sincera allegria degli amici perpetuano la magia…

Alla vigilia, le domande, sempre le stesse, si intrecciano insistenti nei negozi di pesca, negli sms, nelle telefonate lunghissime, che fanno sospettare alle mogli relazioni con prosperose walkìrie…

    - Ma le hanno seminate? In che tratto? L’acqua ci sarà? Se piove? Non porterà la piena? Bisognerà partire presto, non saremo in troppi?

E poi, come tutti gli anni, il braccio di ferro, per l’ora della levataccia, con l’amico più smanioso: - Ma sei pazzo? Che c….  andiamo a fare alle quattro? Se fa giorno alle sette! - Non c’è da fare, se l’apertura non fosse così, bisognerebbe reinventarla.

Quando ero ancora un ragazzo, la notte precedente, mi giravo e rigiravo nel letto, tra  incubi stranissimi:  puntualmente, in sogno, mi si rompeva  la canna, la lenza per non so quale mistero non scorreva, le trote sputavano prima che riuscissi a ferrarle…  La voglia  era tanto forte, allora, da farmi dimenticare sonno, riposo, freddo e distanze.

Ricordo una storica apertura in montagna: ero partito nella notte tra il sabato e la domenica, dopo aver suonato ad un matrimonio… Il viaggio, lungo e snervante, mi portava, su un trenino ansimante, per luoghi immersi nel buio che costeggiavano il fiume.

A tratti si vedevano fuochi accesi e ombre misteriose nel riflesso della fiamma: erano i fissati come me, incapaci di attendere l’alba tranquillamente coricati nel proprio letto, che aspettavano il giorno, tra fiaschi di rosso e distillati vari! Il termometro segnava meno sette quando, all’alba, scesi alla stazione e il mondo, bellissimo, si presentava candido di brina.

Presi tre trote in tutto, quella volta, ma fu tutto così bello, così luminoso, che mi riempì il cuore per un mese. Tornando al tema, alla luce delle tante albe vissute, facciamo il punto della situazione.

Dove Andare

Praticamente ovunque, purché si abbia la  certezza che scorra almeno una spanna d’acqua sui sassi e, da fonti più o meno informate, si sia acquisita la speranza di sentir mordere il lombrico.

In genere, all’apertura, la maggior parte dei corsi d’acqua viene ripopolata con trote pronta pesca e le ragioniere d’allevamento vengono immesse anche in rivi che, dopo un mese, non avranno più acqua nemmeno per far fare il pediluvio alle rane… Funziona così.

Inutile recriminare sui ripopolamenti effettuati senza criterio, sull’etica delle immissioni consumistiche, sull’errata scelta delle acque e delle modalità di semina; la pesca alla trota, nel terzo millennio, vive anche (e soprattutto, purtroppo!) di queste cose.

Altro sono le semine fatte con avannotti, le reintroduzioni di uova fecondate, la giusta tutela dei ceppi autoctoni (veri o presunti che siano) nelle poche acque ancora incontaminate. Lì bisogna difendere la natura con le unghie e coi denti per evitare ulteriori scempi ambientali! Ma due quintali di pesce, immessi in una lama d’acqua che dopo poche settimane sarà secca, cosa volete che sia? E’ come comprare il pesce sul banco del mercato, con l’unica differenza che lo si acquista da vivo…

La poesia della pesca in solitudine? Un’altra storia. Roba a venire, quando la sagra sarà un ricordo e la maggior parte dei pescatori si sarà rivolta verso altri lidi. L’unica cosa che mi auguro, quando allamo una trota immessa, è che almeno sia di qualità passabile, senza macchie, con un minimo di colore e una parvenza di coda.

A volte accade di ritrovarsi all’amo pesci che ti fa quasi senso afferrare: brutti, tozzi, neri, senza pinne, atrofici in tutto e per tutto, figli di allevamenti intensivi, che sono riusciti a trasformare il genere “salmo” in ictaluridi di bassa leva!

Problemi di sempre

A) L’acqua torbida o, peggio, la piena: Siamo in inverno e le tanto sospirate piogge potrebbero farci risparmiare i soldi del caffè (basta affondare la tazzina nell’acqua!). Con la piena i pesci spesso si rilasciano, finendo chilometri a valle del tratto seminato, o stazionano come ubriachi spaesati nei pochi rigiri tranquilli, rendendo tutto più complicato e noioso: una pesca lenta e ripetitiva, poco gratificante, adatta ai pescatori più pazienti…

Nelle acque in quota, il rischio di trovare l’acqua torbida è decisamente minore, ma la concorrenza sarà esasperata, visto che tutti vi si rifugeranno, in un continuo defilé  lungo le sponde. E con l’acqua chiara, se avete la speranza di beccare qualche trota del posto scampata alla stagione precedente, il classico gesto dell’ombrello, fatto con le pinne dalla veterana, vi lascerà a bocca asciutta.

B) L’informazione furba: Attenti alle segnalazioni non verificabili e ai sentito dire: potrebbero depistarvi, ad arte, in luoghi dove l’ultimo avvistamento è stato fatto dieci anni prima, con conseguenze facilmente immaginabili! Una volta, quando eravamo giovani e “amburghesi”, ci fecero girare tutto il Gran Sasso alla ricerca di una fantomatica vena di sorgente, imballata (si diceva) di trote autoctone. Quando la trovammo, a stento riuscimmo a dissetarci, per quanto era esigua e asfittica! Inutile dire che, di pesci coi pallini rossi, nessuna traccia…

C) I sondaggi preapertura: Qualche anno fa, avevamo optato per un tratto che sapevamo ripopolato di sicuro. La concorrenza, stranamente, appariva minima, tutto sembrava presagire meraviglie… se non fosse per il fatto che, delle tanto sospirate fario, ben poche tracce.

Dopo due ore di pesca ne avevamo catturate due o tre in tutto quando, accostandomi a un “pellegrino” con canna da big game e filo spiralato del “50”, mi sentii apostrofare: - E mo’ arrivate voi? Ormai sono finite. La settimana scorsa si che mangiavano! Bastava pasturare un poco e venivano che una bellezza! -  In mala fede? O voleva davvero solo assicurarsi che mangiassero? Boh! Una cosa è certa, lui e  i suoi compari avevano dato una bella ripulita alle trote in pieno periodo di divieto!

D) I peripatetici idrofili: E’ una fissazione. C’è gente che, semplicemente per la fregola di arrivare non si sa dove, stivali a coscia, disinvoltamente entra in acqua, per piazzarsi a metà fiume, in barba a tutti coloro che, rispettosi l’un l’altro, rimangono buoni buoni a pescare dalla sponda. Come se già ci fosse poco disturbo!

Un anno, un furbone appartenente alla categoria, nel tentativo di manovrare da un masso emergente al centro della corrente, planò con un sonoro tuffo nell’acqua gelida: un sonoro applauso sottolineò l’episodio che, certamente, il woodoo combinato dei colleghi aveva favorito. Se tanto tanto ci riuscite, evitate di entrare in acqua, almeno all’apertura!

E) Gli insaziabili:

- E’ la terza volta che va a scaricare le trote in macchina! –

- L’ho visto: se ne possono portar via solo sei e il furbo evita di tenersele appresso…- Può essere mai? Che senso ha riempire il portabagagli di pesci, per dire che siamo stati bravi?

E se provassimo a tenerne solo tre o quattro per l’arrosto, magari quelle che hanno ingoiato troppo profondo, e a rimettere giù tutte le altre con le cautele del caso? Avremo calmato la nostra brama di catture e lasciato qualche pinnuto per la passione dei giorni a venire.

Premesso che trote con l’amo ben piantato in fondo alla bocca riescono tranquillamente a sopravvivere, l’accorgimento di tagliare il terminale a filo di mascella, riesce a salvare buona parte delle amiche allamate. Portarsi un bel po’ di finali con ami vecchi riciclati, ci consente di non essere predaci e di divertirci più a lungo.

Nell’arco di un mese mi è capitato di catturare ben tre volte la stessa grossa fario, con due ami miei (inconfondibili per la verniciatura) in bocca. Era arzilla e vitale come se nulla fosse e mi ha infuso piacere ed emozione per ben tre uscite…

Decalogo dei consigli pratici

  1. Prima di tutto le lenze: più pesanti che in altri periodi, specialmente se la neve disciolta ha gelato il torrente. Con l’acqua di neve le nostre amiche rallentano in modo significativo il loro metabolismo, appaiono apatiche, svogliate, e mangiano quasi da fermo, in stile anoressico.
  2. Se il tratto scelto appare difforme, privilegiate le correnti non troppo impetuose e i tratti più profondi. Il pallettone o il pendolino, scelti con la giusta grammatura, spesso hanno buon gioco.
  3. Non dimenticate a casa il tipico galleggiante a pera spaccata. Nelle buche più larghe, abbandonato alla corrente, a volte convince più di ogni altro marchingegno comunque elaborato.
  4. Se pescate su materiale immesso, il classico lombrico può essere tralasciato a vantaggio della più appetibile e dolce camola del miele, innescata doppia, tripla o, udite udite, a grappolo, senza particolari pretese rotatorie.
  5. Con  la torbida, il lombricone di orto, del tipo più chiaro, può sollecitare   l’appetito spento di qualche anziana signora del fiume.
  6. Le mangiate, all’apertura, non sono come quelle di primavera inoltrata. Date qualche istante in più, prima di ferrare, senza fare gli sceriffi a ciabattare  pesci che, specie se di taglia, nell’alzata facilmente vi ricadranno in acqua. Ami più grossi del normale vi consentiranno allamate meno profonde e rilasci più agevoli.
  7. Scegliete la canna più vecchia e disastrata che avete. L’eleganza da cerimonia mal si concilia con massi scivolosi, fiaschi di Montepulciano e passeggiatori distratti. Mal che vada, il danno sarà di poche decine di euro.
  8. Se avete deciso di regalare qualche trota alla vecchia zia, sventratela sul fiume e riempite la pancia con la menta che cresce sull’acqua o, comunque, erba di fiume. Anche se è inverno, un contenitore con ghiaccio vi permetterà di non portarla a casa già cotta a fine giornata.
  9. Sembra ovvio, ma non lo è: anche se la giornata si annuncia bella, specialmente se andate in montagna, non commettete l’errore di dimenticare  giacca pesante e impermeabile. Non siamo a luglio, il tempo non ci mette molto a girare e basta un’alzata di vento gelido a rovinarvi la festa!
  10. Ultimo, ma importantissimo: se avete optato per l’apertura “gastronomica”, fate in modo che almeno uno dei partecipanti appartenga alla benemerita categoria degli astemi o quasi. Sarà lui a ricondurvi tra le braccia amorose di mogli, madri e fidanzate, le quali, comunque, vi accoglieranno con l’indice picchiato più volte sull’angolo della fronte…!

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