Amo da Pesca al Colpo. I Modelli da Preferire

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Esiste l’ tuttofare, cioè l’amo che in ogni occasione si (ci) toglie d’impaccio?

A questa domanda, forse, meglio delle parole risponde un’occhiata data al banco del nostro negoziante di fiducia con gli espositori degli ami: se esistono tanti modelli diversi nella forma e nello spessore dell’acciaio una ragione ci sarà, dunque la risposta è negativa; l’amo tutto fare non esiste.

Forse, la domanda dovrebbe essere posta in un altro modo e cioè: esiste un modello di amo che abbia un range di utilizzo che sia il più vasto possibile? Ecco, così va meglio ed è più facile dare una risposta sensata.

Tuttavia, fermarsi ad un modello solo è troppo restrittivo, diciamo che per avere una visione abbastanza completa è il caso di allargare un po’ l’orizzonte.

In altre parole, per un pescatore che pratica la pesca al colpo o quella alla passata, quale dovrebbe essere la dotazione minima di ami per pescare con una certa tranquillità senza doversi portare dietro una scatola piena di ami di dieci modelli diversi?

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Per prima cosa, ciascun pescatore deve pensare a quali sono i suoi metodi e posti di pesca più praticati per restringere al massimo la scelta, ma, in linea di massima, saranno tre o quattro i modelli che copriranno quasi tutte le esigenze, salvo casi particolari che, comunque rappresentano l’eccezione.

Forse, con un esempio si capirà meglio il concetto. Mettiamo che un pescatore frequenti prevalentemente l’Arno pisano. E’ chiaro che la sua scelta prioritaria sarà rivolta a modelli di amo grossi e molto robusti che rappresenteranno la maggioranza nella sua cassetta da pesca.

Un altro, che pesca prevalentemente cavedani, avrà in maggioranza ami piccoli e leggeri, ma avrà anche qualche amo del primo pescatore e vice versa perché, prima o poi, si troverà in situazioni diverse dal consueto.

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Allora, quali ami, in proporzione diversa e adeguata alle proprie esigenze, bisogna avere nella scatola porta ami? A mio avviso, almeno tre forme diverse.

Il primo modello è quello dritto a filo medio, il secondo è quello a punta rientrante e filo robusto e il terzo è quello a gambo medio-lungo e curva tonda.

Il superclassico

L’amo dritto a filo medio, probabilmente, è quello più eclettico perché si adatta abbastanza bene a quasi tutte le situazioni. La sezione dell’acciaio ne determina usi diversi passando dai sottilissimi, adatti alla pesca alla passata o a galla di pesci difficili come i cavedani, a quelli più “tosti” che non hanno certo timori nei confronti di pesci molto scorbutici come barbi o carpe.

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Questo tipo di amo ha nel bigattino, sia singolo che multiplo, il suo innesco più “naturale”, soprattutto con le misure più piccole (dal 24 al 16) e l’acciaio più sottile. Questo perché la larva di mosca è molto leggera e per presentarsi correttamente agli occhi di un pesce un po’ sospettoso bisogna che fluttui con naturalezza mentre scende verso il fondo o mentre viene trasportata dalla corrente.

Tuttavia, trova applicazione anche nell’innesco del mais per la pesca di carpe di taglia medio-piccola e, soprattutto, del carassio di tutte le dimensioni. Da non dimenticare anche l’uso che se ne fa per l’innesco di piccoli vermi sia singoli che a fiocchetto passando la punta al centro del corpo del verme, una tecnica di assoluto rilievo proprio per il carassio e per altri pesci di fondo.

Quando ho dato l’appellativo di superclassico a questo modello di amo, l’ho fatto perché non c’è altro modello che si adatta, non solo a quasi tutte le situazioni, ma anche a quasi tutte le esche.

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Ottimo, quindi, per il pane, per il sambuco e i piccoli frutti in genere e per piccole larve acquatiche, non ultimo il ver de vase, con le versioni più sottili.

Come caratteristiche tecniche importanti, va segnalata l’ottima penetrazione della punta grazie la suo parallelismo rispetto al gambo e la perfetta tenuta di esche come il bigattino, mentre con quelle fragili, come ad esempio può essere la bacca del sambuco o di un grano di mais particolarmente morbido, la ferrata può tagliare l’esca con la perdita delle stesse.

Chiudiamo il capitolo dedicato a questo modello dicendo che esiste anche la versione ad occhiello, ma non ha una diffusione pari al modello classico a paletta.

A prova di mostro

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Esche voluminose, possibilità d’incontro con pesci di taglia molto rilevante o, comunque, dalla forza notevole, ma anche la necessità di fare dei combattimenti di forza, obbligano all’uso del secondo tipo di amo che deve far parte della nostra attrezzatura standard. Si tratta di un amo dritto a gambo medio, filo abbastanza robusto, ma la caratteristica principale risiede nella punta che rientra verso il gambo e risale oltre la metà di questo.

Un amo del genere ha nella robustezza il suo punto di forza e per questo viene utilizzato nelle pesche impegnative in particolar modo per la pesca di fondo.

Il peso di quest’amo, causato dal filo di metallo piuttosto grosso, ne sconsiglia l’impiego per la pesca a galla o, comunque, staccati dal fondo se non in casi particolari. Uno di questi, ad esempio, è quando in carpodromo si pesca con il mais o con il mazzetto di vermi staccati dal fondo o, addirittura, a galla. Accade dove l’innesco dei bigattini è impossibile per la presenza di minutaglia che disturba l’azione di pesca, ma non è consigliabile l’impiego di ami diversi da questo.

Non deve preoccupare il fatto di impiegare un modello piuttosto pesante in queste condizioni: bisogna tener presente che inneschiamo mais e vermi piuttosto grossi.

La prima esca è assolutamente immobile e dunque non c’è il pericolo di inficiarne la vitalità, mentre il mazzetto di vermi è molto più pesante dell’amo che li porta.

Come caratteristiche tecniche sottolineiamo, oltre alla robustezza che è direttamente proporzionale al diametro dell’acciaio, le eccezionali proprietà di penetrazione della punta date dall’inclinazione della stessa verso il gambo. Questo ne fa un modello particolarmente indicato verso quelle specie dotate di un apparato boccale molto carnoso, carpe e barbi davanti a tutte.

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Altro particolare di una certa importanza è l’angolo piuttosto acuto che ha la curva, cosa che accentua in modo sostanziale la resistenza all’apertura accidentale, già assicurata dai diametri abbastanza generosi dell’acciaio impiegato per la realizzazione.

Nella pesca al colpo le misure più usate vanno dal 18 al 10 per l’innesco di moltissime esche diverse che vanno dal mais ai grossi vermi e va sottolineato il fatto che questo modello estende il suo utilizzo anche ad altre tecniche di pesca ed è sicuramente tra i preferiti di chi pesca in mare con le esche naturali.

Tutta delicatezza ed eleganza

Sottile e leggero, questo amo è stato forse tra i più usati in assoluto nel recente passato, nei periodi nei quali savette, lasche e triotti popolavano abbondantemente le nostre acque interne.

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Oggi, trovare un fiume o un canale che ancora ospita qualche esemplare delle specie appena citate è un’impresa disperata, ma la larga diffusione di specie alloctone come gardon e, soprattutto, breme ha riportato in auge un amo delicato per pesci delicati con un apparato boccale piccolo, bisognoso di un amo dotato di una grande tenuta, ma capace di portare esche estremamente leggere, fragili e dalla vitalità che può essere compromessa anche solo con un innesco poco accurato.

Le principali caratteristiche tecniche di questo amo sono il filo molto sottile, il gambo medio-lungo, la punta dritta e parallela al gambo, ma soprattutto una bella curva rotonda che accoglie in modo eccellente le esche, costituite prevalentemente da larve, prime fra tutte i bigattini.

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Il peso ridottissimo ne fa uno dei modelli di amo più adatto alla pesca di pesci che aspirano una piccola esca dal fondo, ecco per quale motivo la pesca della breme con il ver de vase se ne avvantaggia in modo eccezionale.

Che l’innesco sia fatto con una sola larva o con più di una, poco importa, quello che serve è che l’aspirazione da parte di un pesce del rosso animaletto non venga “disturbata” dal peso di un amo inadatto.

Oltre alle larve di piccola dimensione, questo modello si presta molto bene all’innesco del fiocchetto di pane grazie alla sua bella curva rotonda e anche alla lunghezza del gambo che permette la schiacciatura del boccone presso la paletta in modo da assicurare una tenuta perfetta.

Le misure più usate vanno dal 24 per le larve più piccole al 16 per il pane.

Le versioni barbless

O, per meglio dirlo nella nostra amata lingua, le versioni senza ardiglione.

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I tre modelli “base” presi in considerazione in questo articolo esistono anche in questa veste certamente più rispettosa nei confronti dei pesci.

Non c’è alcuna preclusione nell’uso di questi modelli accusati ingiustamente in passato di causare la frequente slamatura delle prede durante il recupero. Quando questo accade è perché si sbaglia qualcosa e questo, di solito, succede perché si allenta il filo durante il recupero. In questo caso sì, anche se non sempre, la causa della perdita del pesce può essere addebitata all’amo.

Comunque, se andiamo bene a guardare i particolari, l’amo senza ardiglione, proprio perché manca di questo particolare, ha un coefficiente di penetrazione migliore e anche per quello che riguarda l’esca, soprattutto nei confronti di quelle più delicate, la loro vitalità e durata vengono notevolmente incrementate.

Tuttavia, non sempre l’impiego dei barbless è consigliabile.

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Ad esempio, con le esche che hanno una grande vitalità come i vermi che, contorcendosi, riescono prima o poi a liberarsi dell’amo, si rischia di attendere per molto tempo una mangiata che non può avvenire per mancanza dell’esca. Dunque, con i lombrichi, di qualsiasi dimensione e razza siano, l’uso dell’amo senza ardiglione è vivamente sconsigliato.

Qualora si sia obbligati ad impiegarli, e questo accade in molte strutture private e in molte acque a regime no-kill, dopo l’innesco del verme si migliorano un po’ le cose appuntando un bigattino che fa da blocco. In ogni caso, soprattutto se innescate dei grossi vermi, verificate spesso che l’anellide non sia riuscito a “forzare” il blocco.

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