Il Dentice: Morfologia, Habitat e Tecniche di Pesca

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Si tratta di uno degli sparidi di maggiore interesse alieutico. Come molti membri di questa famiglia ha il corpo ovale e oblungo, schiacciato ai lati. La bocca è armata da quattro vistosi denti su entrambi le mascelle; la livrea è caratterizzata da uno sfondo bianco-rosato su cui spiccano una linea verticale e punteggiature azzurrastre.

E’presente in tutto il Mediterraneo, ma anche nell’Atlantico, dal Senegal all’Inghilterra. Gli individui giovani che vivono su fondi molli e su praterie di posidonie, hanno un attitudine gregaria, mentre gli adulti sono più solitari e preferiscono fondali rocciosi compresi tra i 15 e i 50 m; solo in inverno si mantengono su batimetriche maggiori, raggiungendo anche i 200 m di profondità. Può raggiungere una lunghezza di 100 cm per un peso di oltre 14 kg, ma la media in genere si attesta tra i 30 e i 50 cm.

Il dentice è una specie che risente molto del cambio di profondità: una volta staccato dal fondo, perde gran parte della sua resistenza, che invece è elevata nella pesca da riva, soprattutto se affrontato con attrezzature leggere come quelle dello spinning.

Può essere insidiato utilizzando diverse tecniche di pesca:

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Dentice 4

E’ il metodo di pesca più redditizio per questo sparide. Con l’introduzione di nuovi materiali costruttivi e le performances sempre migliori dei nuovi attrezzi, col passare degli anni questa tecnica vede l’impiego di canne e mulinelli sempre più leggeri (il range è fra le 12 e le 30 LB). In bobina la tendenza è quella di utilizzare un buon multifibra, mentre il terminale non può che essere lungo (dai 15 ai 25 mt) ed in fluorocarbon.

Un fattore molto importante per la scelta dell’esca è cercare di capire quali sono le principali prede del dentice nella zona in cui lo si insidia: sulle secche o nelle risalite rocciose, si ricorre all’occhiata, ma sono utilizzate esche universali come calamari, seppie, aguglie, alacce e sugarelli.

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Consente di battere una zona più ampia e agire con maggiore facilità. Le tecniche più utilizzate sono tre: con il monel, con l’affondatore e con il piombo guardiano. La prima consente, attraverso l’utilizzo di un filo pesante, di calcolare l’affondamento dell’esca in base ai metri di monel sbobinati e alla velocità del natante. Permette inoltre di presentare l’artificiale al pesce in maniera naturale, dato che questo non vede né affondatore né piombo guardiano prima dell’arrivo dell’esca.

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D’altra parte, l’utilizzo delle altre due tecniche, consente un controllo più immediato della profondità dell’esca, con il vantaggio di avere la lenza libera al momento dell’abboccata, di utilizzare una minore quantità di filo, e di poter raggiungere profondità più elevate. Vengono utilizzati minnows affondanti con colorazioni naturali o anche di fantasia. Anche l’utilizzo di teste piumate o di cucchiaini martellati dà soddisfacenti risultati.

VERTICAL JIGGING

Si tratta di una disciplina complessa, che si adatta molto bene alla cattura di questo sparide. Nel mediterraneo si utilizzano canne relativamente corte, mulinelli a tamburo sia fisso che rotante, dotati di un rapporto di recupero abbastanza lento per consentire un’azione di pesca più agevole e soprattutto con una buona frizione. Per il dentice vengono spesso utilizzati i metal Jigs corti, muniti di assist hook in testa, realizzato in kevlar o altri materiali ad alta resistenza.

Dentice 2

DA TERRA

Il dentice è una delle prede più prestigiose e difficili della pesca da terra; la sua presenza nel sottocosta infatti, è riservata a luoghi e momenti particolari, poiché non si stacca volentieri dal fondo.
Nel rockfishing possono essere impiegate esche sia vive (occhiate o salpe, boghe e saraghetti) che morte (sardine e calamaro). Un ulteriore metodo per tentare l’insidia è lo spinning, poichè, nonostante la sua sospettosità, il dentice è un predatore molto aggressivo nei confronti delle esche artificiali: si utilizzano minnows affondanti o suspending e anche jig dressati in materiale naturale o sintetico.

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