Pesca al Barbo. La Pasturazione nei Grandi Fiumi

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La pasturazione costituisce la miglior carta a disposizione del pescatore per indirizzare la sessione verso un risultato positivo, al contrario sbagliare tempi e modi della cosa può diventare inutile o, peggio ancora, controproducente.

Come si pastura un tipico spot di un grande fiume?

Predisponendo tre canne in pesca disposte su di un tratto di sponda lungo 20 metri, in una corrente che richiede 150 grammi di zavorra e con una profondità che varia dai 6 agli 8 metri, ci troviamo ad affrontare una massa di acqua nell’ordine di centinaia di metri cubi.

I feeders rilasciano, a ogni lancio, circa 50 g di prodotto. Facile fare le proporzioni, un po’ come organizzare un aperitivo per 200 invitati e presentarsi con un singolo sacchetto di patatine e un solo bicchiere di spritz.

Pensare a un’opera di “condizionamento” dello spot si scontra con ostacoli di vario genere: dal tempo necessario per andare sul fiume a pasturare, ai costi dei quantitativi di esche necessari, per finire con il meteo che può, con un semplice temporale vanificare il lavoro di settimane.

Qual è la soluzione per non contare solo sulla fortuna?

Semplice, una sessione di pesca produttiva non può non passare per uno studio attento e meticoloso dello spot cercando di individuare quelli che, per ragioni morfologiche e/o ambientali, costituiscono punti del fiume dove il pesce è abituato a transitare, a cibarsi o semplicemente a sostare.

GLI HOT SPOT

Che si scelga una pasturazione preventiva o ci si affidi alla sola azione di richiamo durante la sessione, la conoscenza del fiume diventa fondamentale. Individuare una zona dove il pesce passa, rifiata e trova nutrimento può essere la differenza fra un cappotto clamoroso o una pescata memorabile.

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Determinare questi “punti caldi” non è difficile. Nel tratto di fiume che mi vede spesso presente il letto è notevolmente largo e la spiaggia è proprio a valle di una pronunciata punta di sassi. Quando il livello del fiume lascia questa protuberanza allo scoperto, la corrente principale viene deviata, rientra verso la sponda creando un ampio rigiro di acqua, per poi riprendere gradualmente forza e velocità verso valle, il tutto su di un fondale importante con una corrente che richiede zavorre superiori all’etto.

Per trovare analoghe postazioni non sono necessari barca ed ecoscandaglio, basta sfruttare la tecnologia, attraverso le immagini satellitari reperibili su internet ed imparare ad osservare, in loco, le tabelle per la navigazione fluviale che indicano buche e secche.

Serve poi armarsi di santa pazienza e sondare le spiagge usando un semplice piombo a perdere. Contare i secondi che servono al piombo per arrivare sul fondo e annotare i giri di manovella necessari a riportarlo in superficie sono utili sia per capire la profondità sia per mappare eventuali ostacoli sul fondo.

In ogni caso è fondamentale frequentare assiduamente il fiume, amarlo e rispettarlo, il “capirlo” diventa una naturale conseguenza.

STRINGER & C

L’azione del feeder non è l’unica strada percorribile per assicurarci un minimo di pasturazione e la conseguente azione attrattiva. Di come sia difficile programmare lunghe sessioni di pasturazione preventiva abbiamo già parlato, troppo volubili colore e livello dei fiumi dalla grande portata, fuori dal periodo estivo, su lunghe fasi senza precipitazioni.

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Quando la corrente e lo spot lo consentono, possiamo scegliere il classico stringer con 7/8 pellets infilati a mo' di “rosario”. Prestiamo massima attenzione a come assicuriamo lo stringer al basso lenza, profondità e corrente possono sciogliere il PVA e disperdere il contenuto prima che l’amo sia sul fondo, inoltre, se leghiamo lo stringer all’amo, rischiamo di sbilanciare il lungo terminale con il rischio di attorcigliamenti che potrebbero rendere inefficace la montatura.

E’ sufficiente confezionare lo stringer chiuso in una doppia asola in una sorta di coroncina, quindi assicuriamo il tutto alla safety clip che regge il piombo, ci penserà la corrente a disporre correttamente i pellets.

Ovviamente, parliamo di piazzare l’esca nell’immediato sotto riva, senza lanci troppo lunghi o in piena corrente. Zone ristrette e ben delimitate sono indispensabili perché una pasturazione così pensata abbia qualche possibilità di tenere in zona il pesce che entra nello spot per nutrirsi.

Analogamente possiamo affidarci ai classici sacchettini o retine in PVA che andremo a riempire con pezzi grossolani di pellets, boilies e altri attiranti.

IL FEEDER

Come detto sopra pasturare preventivamente tratti di fiumi di grande portata è operazione dispendiosa e pericolosa, dispendiosa per il tempo impiegato e pericolosa per il portafoglio. Una pasturazione preventiva, impostata su almeno una decina di giorni precedenti la sessione, può essere vanificata da qualche temporale, sufficiente se non a variare il livello almeno per sporcare irrimediabilmente l’acqua.

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Ecco che la pasturazione, con quello che comporta in termini di costi e di tempo, ha senso solo se si ha la certezza di avere un meteo clemente per un periodo piuttosto lungo, cosa alquanto difficile nella stagione odierna.

La pesca con i pellets non è statica e l’uso del feeder aiuta ulteriormente l’opera di pasturazione. Negli sfarinati che uso come richiamo aggiungo abitualmente dei micro pellet da 3 o 4 mm e sono solito arricchire con farina di formaggio, farina di crisalidi o canapa frantoiata i normali prodotti da fondo, meglio se di colore rosso.

Se avete difficoltà a reperire open end di peso si può ovviare modificando un normale block end, togliendo il tappo superiore e aprendo il fondo seguendo la linea dei fori inferiori. Semplice ed efficace senza stravolgere le caratteristiche idromeccaniche del feeder.

PASTURAZIONE MORDI E FUGGI

Un’altra valida mossa, alternativa o di supporto, è quella di fornire una quantità di pellets aggiuntiva rispetto a quella dispensata dai feeders o dagli stringer. Conoscere lo spot aiuta e non poco affinché questa strategia possa produrre un qualche risultato.

Una prima fase, appena prima di entrare in pesca, con una leggera pasturazione a fionda a base delle stesse pellets che andremo a innescare, seguita e ripetuta un paio di volte a intervalli regolari durante la sessione. Nell’eseguire l’operazione teniamo conto della velocità della corrente, della misura dei pellets e della profondità dell’acqua.

Un ultimo consiglio, predisponendo in pesca più canne lasciate il feeder solo su quella a monte o sulle prime due montando su quelle a valle il semplice piombo secco, questo per evitare che la pasturazione si allunghi troppo spostando il pesce.

POSIZIONE IN PESCA

Spendiamo due parole su come va sistemata la canna in pesca, partendo dal presupposto che meno filo subisce la spinta della corrente meno piombo ci servirà per rimanere fermi. Alla cosa contribuiscono diversi fattori: l’angolo della canna sul picchetto, l’angolo di lancio e la “pancia” del nylon.

La canna deve puntare verso l’alto, quanto in alto lo stabilisce il fiume. In condizioni standard, vale a dire in corrente piena, fondo regolare e profondità costante un angolo di circa 45° rispetto al fiume è sufficiente. A questo contribuisce anche l’altezza da terra, più alti siamo, per effetto di un rod rest, di un rod pod o di un semplice picchetto, meno angolo è necessario.

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Altro angolo da considerare è quello di lancio, pure qui, per evitare di avere il filo che per effetto della corrente si colloca “impiccato” a valle, il punto d’impatto della zavorra deve essere inferiore alla metà dell’angolo formato dal picchetto e dal profilo della sponda. Infine la “pancia”: quando la zavorra raggiunge il fondo lasciamo almeno una canna di filo in bando, posizionandosi in acqua e formando un arco, sempre per effetto della corrente, si attenuerà la spinta della stessa sulla zavorra.

Se fate le cose per bene a zavorra ferma questa deve trovarsi di fronte al picchetto con la vetta Avon che non denuncia pieghe eccessive o vibrazioni.

Cosa utile, per diverse ragioni, è quella di collocare le canne sulla sponda a circa 10/12 metri una dall’altra, se avete tre canne in pesca la vostra seduta sarà di fronte la canna a monte, così da tenere d’occhio tutta la batteria senza girare in continuazione la testa e per essere vicini a quella che dovrete caricare più frequentemente essendo l’unica munita di feeder.

Tre canne in pesca vuol dire maggiori probabilità di incocciare il pesce, vuol dire sondare linee diverse, vuol dire fornire con la canna a monte una pasturazione seppur minima per quelle a valle. La distanza dei picchetti sulla riva è scelta per evitare da un lato di percorrere chilometri per cambiare periodicamente le esche e dall’altro lato di non dover bestemmiare se la canna centrale parte e si porta dietro il filo di quella a valle.

TECNICA di LANCIO

Per chi si trovasse per la prima volta a pescare in un fiume di grande portata sarebbe normale provare un leggero disagio. Disagio nel dover pescare in uno spot che offre pochi punti di riferimento e dove ampiezza, profondità e corrente contribuiscono ad incrementare un certo smarrimento del tutto naturale.

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In questo contesto, il lancio, o meglio la tecnica di lancio, assume importanza vitale nell’economia della sessione, posare l’esca e la relativa fonte di pasturazione sempre nella stessa zona è fondamentale.

Per ottimizzare lancio e posizione del feeder mettiamoci di fronte al fiume, con la corrente che viaggia da sinistra a destra. Prepariamoci con il piede sinistro avanti, rivolto verso la direzione del lancio, a gambe leggermente divaricate per aumentare la nostra stabilità, il bilanciamento e armonizzare il movimento. Come detto sopra abbiamo bisogno di un angolo di circa 45° a monte.

La sequenza implica la canna rivolta verso il fiume, poi con un gesto continuo, laterale e senza strappi si porta la canna dietro la spalla destra, con la mano sinistra (che funge da bilanciere) sul calcio e la destra sul porta mulinello per il sostegno e la spinta del fusto.

Quando la canna è dietro la testa, senza che la zavorra tocchi a terra per consentire un corretto caricamento della canna, si lancia verso la direzione prescelta indirizzando con la mano sinistra e compiendo un movimento completo per favorire il totale scarico della curva del carbonio.

Tutta l’azione, dalla preparazione al lancio, deve essere continua senza “strappi” e/o pause per consentire alla canna di caricarsi e scaricarsi in modo ottimale.

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TECNICA di COMBATTIMENTO

Consigli validi solo ed unicamente dove la conformazione del fondo lo permette, quindi dove abbiamo sabbia e argilla senza ostacoli fissi o mobili quali prismate, grossi tronchi sommersi o sbalzi di profondità marcati, insomma solo se lo spot è liscio come il sedere di un neonato.

In sostanza, subito dopo la ferrata, portiamo la canna parallela al piano dell’acqua in direzione contraria a quella della corrente e a quella presa dal pesce, di solito le due cose coincidono, anche se mi sono capitati pesci che sono partiti dritti controcorrente, in questo caso canna sempre nel senso opposto a quella di fuga con l’accortezza di regolare la velocità del recupero per compensare quella della corrente del fiume.

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In situazioni standard, con pesce e corrente dalla stessa parte, la canna parallela al fiume, in angolo rispetto al pesce, permette di sfruttare pienamente la piega, specie se parliamo di modelli con spiccata azione parabolico progressiva. Facendo “sentire” tutto il nerbo del carbonio al barbo si accorciano i combattimenti e quindi lo stress per il pesce.

Tenere la canna bassa, inoltre, non stacca subito il pesce dal fondo evitando di subire reazioni spropositate quando il barbo non sente più il contatto con la sabbia, questo in virtù del fatto che il nostro avversario tende a tenere il ventre attaccato al fondale per tutta la durata del combattimento.

Esaurita la prima fuga cominciamo il recupero aumentando l’angolazione della canna verso l’alto mano a mano che il pesce si avvicina a riva.

Attenzione alle ultime partenze, quando il pesce si sente perso. Un po’ per la violenza delle stesse un po’ per il poco filo fuori è questo il momento più delicato, proprio quando dobbiamo portare la testa del nostro avversario a pelo d’acqua nei pressi del guadino, guadino che non deve essere usato a mo' di cucchiaio per rincorrere il pesce, ma che deve rimanere ben fermo e sommerso nel punto immediatamente a valle di dove lo aggalliamo, sarà la corrente e l’inerzia del peso a portarlo nella sicurezza della rete.

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