Pesca all'Alborella in Competizione

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Molto spesso soprattutto quando le cose si mettono male in competizione ed urge catturare qualche pesce dobbiamo ripiegare sulle alborelle. Anzi, spesso ci si imposta anche tutta la gara.

L'azione di pesca

Quella dell'alborella in superficie è una pesca che ha due aspetti. E' facilissima ed elementare, tanto da essere considerata quella più appropriata per avviare i bimbi piccoli alla pesca, se si tratta di divertirsi a prendere un po' di pesciolini, ma ha un grado di difficoltà crescente con il crescere del numero di catture, partendo da quella di media difficoltà, quando ci sono da prendere 400-500 alborelle in tre ore, fino a quella difficilissima delle 1500 alborelle nello stesso tempo, traguardo veramente duro da raggiungere, anche fisicamente.

La tecnica di pesca alle alborelle veloce è un misto di coordinazione e precisione dei movimenti e di concentrazione assoluta. Coordinazione e precisione si raggiungono solo con l'allenamento, la concentrazione mentale è un fatto del tutto personale.

Un trucco per mantenere la concentrazione è quello di contare i pesci catturati, cosa che non permette di distrarsi con altri pensieri e, vi assicuriamo, che alla fine delle tre ore di gara l'errore non supera le tre o quattro unità in più o meno.

L'azione di pesca parte dal lancio della lenza con un movimento della canna simile ad una frustata per tenere la lenza ben tesa e per darle una velocità sufficiente a permettere una rumorosa caduta in acqua del bulk della piombatura.

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Questo tonfo, tanto più forte quanto più pesante è il bulk, si affianca alla pasturazione nel richiamare il pesce ed è importantissima. Dal momento in cui il piombo è in acqua inizia il controllo del galleggiante e la ferrata può avvenire ancora prima che il galleggiante vada in pesca ed è proprio qui, sull'anticipo, che si guadagnano tempi e pesci e si vincono le gare.

La ferrata, praticamente, non esiste, la canna va semplicemente sollevata e l'alborella va estratta dall'acqua con un movimento che sia il più veloce possibile, ma in modo progressivo e senza strappare. Sembra facile, ma questo è il movimento più difficile da imparare e rendere automatico.

Il pesce va “guidato” verso la mano sinistra che non deve staccarsi dal corpo più di tanto e, una volta afferrato, va avvicinato alla base della canna dove pollice ed indice della mano che tiene l'attrezzo pensano a slamarlo, ovviamente senza lasciare la canna.

In una gara da 1000 pesci, quindi da 5,5 pesci al minuto di media, tutto questo va fatto in meno di 11 secondi. In realtà, il tempo a disposizione è molto meno perché la media di 5,5 pesci al minuto tiene conto anche dei tempi morti, cioè del tempo di innesco, di sostituzione dei finali, del cambio di canna, di risoluzione di qualche “incidentuccio” come grovigli & C e di momenti in cui il pesce può mangiare meno.

Quindi, se andate ad analizzare bene, la media di cattura ripulita dai tempi morti è assai più elevata e andare anche intorno ai 10 pesci al minuto, quindi il tempo di esecuzione del movimento completo di lancio-cattura-slamatura-rilancio scende a 6 secondi. Immaginatevi a quanto era ridotto ai tempi, ormai irripetibili, dei 1500 pesci in tre ore...

L'applicazione della lenza al vettino

Il metodo di applicazione della lenza al vettino è di estrema importanza perché i movimenti di questa pesca sono sempre molto rapidi e gli elementi che interferiscono con questi sono numerosi, primo fra tutti il vento. Occorre, quindi che il metodo d'attacco sia il più semplice possibile per impedire appigli al filo che poi tende ad attorcigliarsi intorno al vettino, cosa che provoca due effetti molto noiosi; quello dell'accorciamento della lenza e, se il problema di ripete più volte, della formazione di spire nella parte del filo che continua ad avvolgersi sul vettino che finiscono per realizzare un grazioso, ma non certo gradito, ricciolino a molla.

Più sfuggente, piccolo e leggero è l'attacco, meglio è. Vi insegniamo i due sistemi più in uso, che non hanno mai dato problemi e sono anche a costo zero. In ogni caso uso i tubetti che si impiegano per fermare il filo sulla deriva dei galleggianti Il primo sistema prevede l'incollaggio con colla cianoacrilica di un tubetto di 3-4 mm a 5 mm dall'estremità del vettino.

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Si passa il filo in un altro tubetto identico a quello incollato e si fa un'asola piccola. Si ripassa il filo dentro all'asola e si applica a valle del pezzetto di filo incollato tirando bene. Si blocca il tutto applicando il pezzetto di tubetto mobile all'estremità del vettino. Il secondo sistema è ancora più semplice. Il pezzetto di tubo si fissa esattamente all'estremità della vetta. Si inserisce il filo in un pezzetto di tubetto in silicone di diametro appena superiore a quello del tubetto fissato sul cimino. Si fa la solita asola e si ripassa il filo come prima bloccando a valle del tubetto incollato. Si infila il tubetto di silicone su quello fissato ed il gioco è fatto.

PICCOLI TRUCCHI

Pastura

Così come sono, le pasture commerciali italiane sono di ottimo livello. Tuttavia, la mania, perché di questo, spesso, si tratta, di dare un tocco personale alla propria pastura è sempre pronta a dare i suoi effetti. Talvolta si tratta di aggiunte sensate, altre volte, proprio no.

Tuttavia, l'aggiunta della farina di crisalide è da prendere sempre in considerazione. Un etto per chilo di pastura è già più che sufficiente, perché si tratta di un ingrediente ricco di nutrienti e, quindi, da dosare con attenzione.

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Adesso vediamo come prepararla. In vendita nei negozi di alimenti per animali, non in quelli per cani e gatti, ma in quelli per animali da allevamento, si trova della farina di crisalide del baco da seta che sconsigliamo di utilizzare per la pastura da alborelle. Innanzi tutto, perché ha una granulometria grossa, ma questo potrebbe non essere un problema, perché potremmo rimacinarla più fine, ma soprattutto perché può darsi che sia stata preparata da molto tempo.

La crisalide del baco da seta, o bacoccio che dir si voglia, contiene molte proteine di ottima qualità e una buona percentuale di grassi, ma questi ultimi tendono a deteriorarsi con il tempo. Questo fenomeno accelera con l'esposizione all'aria, quindi, la frantumazione delle crisalidi intere per la riduzione in farina, aumentando la superficie esposta all'ossigeno dell'aria, deteriora il prodotto in breve tempo.

Ecco, dunque, cosa fare per disporre sempre di un prodotto di ottima qualità.

  1. Acquistare sempre le crisalidi intere in quantità modesta per evitare l'invecchiamento. Le migliori sono quelle di colore nocciola scuro non troppo “raggrinzite”, untuose al tatto ed emananti un forte odore caratteristico. La presenza di crisalidi rotte nella massa totale deve essere la più bassa possibile.
  2. Dopo l'acquisto, le crisalidi vanno messe in un recipiente ermetico da tenere in un ambiente asciuttissimo e fresco. Ottimi i secchielli con tappo a chiusura stagna come quelli da tintura murale. Se disponete di un frigorifero per le esche, potrete conservare perfettamente le crisalidi per molti mesi.
  3. Ridurre in farina solo la quantità di crisalidi occorrenti di volta in volta. Poiché si tratta di quantità modeste, potete usare un vecchio macinacaffè elettrico. Unica precauzione da prendere è quella di non scaldare troppo la farina, quindi se sentite che il motore del macinino emette troppo calore, fermatevi e fatelo raffreddare.
  4. Il grado di macinatura dipende dalla taglia delle alborelle che si intendono pescare, ma in linea generale, più è fine e meglio è.

Oltre alla farina di crisalidi, si possono aggiungere alla pastura altri ingredienti, sia per modificarne l'aroma, oppure il comportamento. Tra gli aromatizzanti, quelli più in uso sono il cumino, l'anice stellata e la vaniglia, tutto da dosare con molta parsimonia.

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Molto più importanti, invece, sono le aggiunte per modificare il comportamento della pastura. Oltre ai già citati coloranti, un'aggiunta di farina fine di mais cruda permette un disgregamento molto rapido senza variare troppo il potere nutritivo.

Se vogliamo avere una pastura molto disgregante con un colore piuttosto scuro, non c'è niente di meglio del cocco belga in ragione del 10-15 % del peso di pastura. Stessa percentuale anche per il latte in polvere che ha la funzione contraria al cocco, cioè quella di schiarire e di fare un po' di macchia, ma bisogna sempre ricordare che con il latte in polvere si aumenta il valore nutritivo dell'impasto. Molti alborellisti, comunque, preferiscono, in questo caso, bagnare la pastura con acqua e latte.

Infine, ricordiamo che se si deve pescare a distanze superiori ai 6-7 metri può essere difficile lanciare con precisione una pastura molto bagnata per la pesca in superficie. In questo caso, consigliamo l'aggiunta di un po' di terra di somma all'impasto: aumenta decisamente il peso specifico senza influenzare troppo la consistenza della pastura e con un valore nutritivo aggiunto pari e zero.

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A titolo di curiosità, ricordiamo che molti anni fa c'è chi aggiungeva alla pastura qualche goccia di fenolftaleina, un potente lassativo che, prima che il suo uso venisse vietato dal Ministero della Sanità, faceva parte della formulazione dei più comuni lassativi per uso umano. Non sappiamo di preciso se i pesci abbiano gli stessi meccanismi digestivi dell'uomo, ma il principio, più o meno, era questo: le alborelle mangiano la pastura, ma non riescono a sfamarsi perché la rifanno immediatamente per effetto del lassativo e... continuano ad abboccare.

Il galleggiante

I Tesse non hanno grossi problemi: sono galleggianti robusti e il taglio superiore con l'antenna piazzata al centro rendono indistruttibile questo galleggiante nella parte più soggetta a danni.

I galleggianti con una rastrematura che termina a zero alla base dell'antenna sono quelli più a rischio, soprattutto se l'antenna è molto rigida o in fibra di vetro. Si può migliorare la robustezza di collarini e rastremature con un piccolo trucco che consiste nel passare intorno a questo delicato punto un velo di colla cianoacrilica (Attak) che va fatto asciugare bene prima del montaggio sul filo.

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Altra raffinatezza da non trascurare è quella che riguarda il silicone di bloccaggio alla deriva di questi galleggianti che, di solito, non supera i 6-7 mm di lunghezza. Il consiglio è quello di coprire completamente la deriva con un tubetto che sia più sottile possibile. Esistono dei siliconi sottili che hanno un diametro di 0,28 mm e sono quelli giusti per i galleggianti da alborelle.

Sono totalmente da evitare, soprattutto per i modelli molto leggeri (4x10, 4x12 e 4x14), i tubetti di grosso spessore per la semplice ragione che il peso della piombatura, talvolta, non riesce a far rompere la tensione superficiale dell'acqua, specialmente se non è proprio cristallina come quella di certi canali, e il galleggiante stenta a seguire la piombatura e ad andare in pesca. Sembra una raffinatezza eccessiva, ma vi assicuriamo che non è così, perché la pesca dell'alborella si fa sotto riva ed è qui che si fermano le impurità del fiume, del canale o del lago.

Avete presente quel velo di sporco che il vento spinge presso la sponda? Ecco, quello non vi farà andare in pesca un galleggiante da 4x12 fermato sul filo con un silicone grosso nemmeno se vi metterete a piangere.

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In piedi o seduti?

Su come sistemarsi sulla sponda per pescare l'alborella, dipende da diverse cose. Diciamo subito che è sempre meglio stare più bassi possibile per non proiettare ombre sull'acqua, soprattutto se si pesca corto.

Quindi, stare seduti sul paniere dovrebbe essere la soluzione giusta e lo è sicuramente durante una competizione quando si ritiene che si debba cambiare tecnica dopo un po' di pesca all'alborella per passare, magari, alla roubaisienne.

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Per pescare bene in piedi, bisogna stare a livello dell'acqua, usare una canna di almeno 3,50 metri ed essere adeguatamente attrezzati, cioè avere un cinturone al quale applicare il secchiello della pastura e un tavolinetto o comunque un piano di appoggio sul quale disporre esche, finali e tutto quello che può servire durante una pesca che non ammette perdite di tempo.

Come migliorare i ballottini

Riuscire a migliorare le “prestazioni” dei nostri raperini, cioè aumentare al massimo la durata degli stessi una volta innescati, si può. Basta avere un po' di pazienza e seguire le istruzioni.

  1. Acquistare circa mezzo chilo di raperini e metterli in una bacinella insieme a segatura asciutta mischiata con un po' di sabbia in modo che siano appena coperti.
  2. Mettere la bacinella con i raperini nel frigo delle esche a circa 4-5°C.
  3. Una volta ogni 15 giorni circa, passare al setaccio i bigattini togliendo quelli morti e quelli che eventualmente si fossero trasformati in caster.
  4. Dopo averli tenuti qualche ora a temperatura ambiente ed averli fatti “girare”, rimetterli in frigo, sempre con sabbia mista a segatura ed inumidire appena con un vaporizzatore.

Così trattati, i raperini si possono portare avanti per parecchi mesi e, dopo alcune settimane di trattamento, sono già pronti all'uso, ma, chiaramente, più si allungano i tempi e migliori diventano. Al momento del bisogno, si toglie dalla bacinella solo il quantitativo che si ritiene sufficiente.

Poi, bisogna scegliere le larve migliori. Per farlo, il procedimento è il seguente: si rovesciano le larve riscaldate a temperatura ambiente in una scatolina da esche, quindi ben mobili, dentro una bacinella abbastanza ampia. Dal punto in cui si è rovesciata la scatola, le più vivaci cominceranno subito a muoversi irradiandosi verso le pareti del contenitore.

Le larve più attive sono le migliori e si raccolgono, dopo aver stabilito la misura giusta in base all'amo che useremo, mettendole nel porta esche con un velo di segatura per tenerle ben asciutte. Quelle deboli e lente sono da scartare perché resisteranno pochissimo all'innesco e ai morsi dei pesci.

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