Pesca in Mare da Terra. Spot e Strategie da Preferire in Primavera

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La Primavera è una stagione molto particolare in quanto a differenza dell’autunno è preceduta da un periodo freddo persistente che in molti spot rallenta la ripresa dell’attività di molte specie di pesci.

Scegliere con cura spot, tecniche, orari, esche ed inneschi consente comunque di realizzare belle catture. 

La temperatura esterna è spesso gradevole, il sole inizia a scaldare e tutti i veri appassionati di pesca a bolognese classica, quella per intenderci praticata con montature leggere e bigattini come esca e pastura, sono già pronti per affrontare la stagione.

Questi primi accenni di bella stagione non devono comunque trarci d’inganno in quanto veniamo dalla stagione invernale e da alcuni picchi di freddo che ci hanno accompagnato con tanto di neve a bassa quota.

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Le acque dei fiumi sono sempre fredde e spesso risentono ancora della neve che si scioglie in quota e quindi le foci sono per la prima parte della primavera da frequentare solo in particolari condizioni che vedremo poi.

L’ideale per iniziare alla grande questa nuova stagione di pesca sarebbe avere una serie di spot diversi tra loro da affrontare alternandoli a seconda delle situazioni.

Una cosa è comunque certa, e cioè che in questa stagione si hanno ottime possibilità di pesca anche di giorno e se magari si riesce ad impostare la battuta facendoci cadere un picco di alta marea ed uno dei due cambi di luce… le possibilità aumentano notevolmente.

Vediamo adesso ambiente per ambiente, strategie, tecniche, esche ed inneschi in grado di offrirci concrete possibilità di catture in questo lasso stagionale.

Le foci

Come già detto, le foci dei fiumi più importanti possono avere in questo periodo ancora acque fredde e i momenti in cui offrono qualche bella cattura non sono poi così tanti, limitandosi ai picchi di alta marea, ai cambi di luce e, soprattutto, dopo ad un forte temporale quando le acque da torbide tendono a tornare alla normalità.

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Le foci più piccole ed i canaletti del piano e le acque reflue di qualche bonifica che si gettano in mare sono invece spot molto più redditizi in quanto presentano spesso acque ben più calde e pesci in attività.

Per chi decide di affrontare queste acque con tecniche leggere occorre ricordarsi sempre di calcolare bene l’influenza della marea e di pescare su un picco di alta in modo da avere la corrente del fiume un po’ smorzata dalla forza del mare che sale.

In questo caso il particolare tecnico più importante in assoluto è la piombatura, che se ben realizzata consente di pescare discretamente anche in presenza di due correnti diverse: quella del fiume sopra e quella della marea (acqua salata e quindi più pesante) sotto.

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Solitamente in queste condizioni consiglio di montare due canne con galleggianti di peso diverso: uno leggero per pescare correttamente con acque lente ed una più pesante per riuscire a stare in pesca anche in caso di discreta corrente.

La prima piombatura la realizzo con una lunga spallinata a scalare, mentre la seconda sempre con una spallinata, ma più corta e concentrata verso il basso. Impiegando galleggianti a forma di pera rovesciata ed operando in trattenuta, magari aiutati da una bolognese di sette – otto metri, si riesce a pescare in quasi tutte le situazioni.

Anche la pasturazione effettuata a bigattini sfusi in questi caso può non essere proficua in quanto le due correnti possono creare non pochi problemi. Per ovviare a questo, a parte abbandonare la bolognese per il ledgering, l’unica soluzione per essere certi di pescare su una corretta azione di pasturazione è quella di incollare le larve con della ghiaia ed eseguire la pasturazione lanciando piccole palline sulla linea di passata.

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Quando l’acqua rallenta o si ferma invece, mano alla fionda. Interessante anche la possibilità di pescare con il pane pasturando con sfarinati al formaggio, alla ricerca dei primi grossi cefali che in primavera risalgono le acque dei fiumi.

I pesci che si possono catturare in foce pescando in primavera sono cefali, spigole, le prime orate e qualche trota di mare con la sorpresa rappresentata da qualche bella mormora o da una grossa e combattiva anguilla.

I porti

Partendo dal presupposto che porti dove è concesso pescare non ce ne sono poi così tanti, cerchiamo di sfruttarli bene in modo da ottimizzare la nostra azione in qualsiasi situazione.

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I porticcioli più piccoli, quelli destinati alle imbarcazioni da diporto e da pesca, sono i più interessanti perché presentano profondità non troppo elevate, scogliere frangiflutto sempre interessanti e ricche di pesci e soprattutto diverse postazioni di pesca dove la corrente è sempre presente.

Proprio una leggera e costante corrente è quello che serve per riuscire a pescare correttamente con la concreta possibilità di catturare qualcosa di interessante. La corrente muove sempre qualcosa, e i pesci come le spigole amano sostare ai margini di queste in atteggiamento di caccia.

In questi casi i bigattini innescati dovranno muoversi come quelli lanciati in acqua sfusi e quindi come se non fossero innescati su di un amo, legato ad una lenza zavorrata con del piombo.

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La naturalezza della presentazione dell’esca è alla base della riuscita della nostra battuta di pesca, specialmente se si impiegano uno o due bigattini appena appuntati su un piccolo e leggero amo. In questo caso per rendere il tutto molto naturale sono solito impiegare come terminale del nylon, molto più morbido del fluorocarbon e quindi in grado di far lavorare la piccola esca in maniera perfetta.

Bolognesi azione light di sei-sette o anche otto metri, mulinelli massimo 2500 e piccoli galleggianti a pera rovesciata adatti all’impiego dello starlight sono l’hardware necessario per affrontare al meglio questi ambienti.

In caso di corrente debole o acqua ferma la piombatura può essere addirittura realizzata su 180 – 200 cm in modo da consentire all’esca una lenta discesa nella colonna d’acqua occupata dalle larve gettate come pastura. In questo modo si possono intercettare sia le spigole che salgono verso la superficie a caccia delle larve che scendono che altri pesci predatori tipicamente di superficie come lecce stella, occhiate e sugarelli nonché qualche enorme cefalo che non disdegna i bigattini.

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Se invece peschiamo in un canaletto, in una strettoia o in un punto caratterizzato da corrente più forte, non c’è niente di meglio che raccogliere un po’ la spallinata e realizzarla su circa 80 – 100 cm di lenza avendo cura di operare sempre in leggera trattenuta.

In questo caso, se la corrente è allegra e la profondità supera i 4 metri meglio pasturare con bigattini incollati ed operando con la fionda solo quando l’acqua, con l’approssimarsi dell’alta marea, tende a fermarsi.

Nel caso invece di pesca in porti più importanti e grandi e quindi anche più profondi, può risultare decisivo l’impiego, sempre con la bolo ed il galleggiante, di un piccolo pasturatore montato in – line che ci consentirà di pasturare con precisione impiegando larve sfuse e soprattutto di concentrare la nostra azione di pesca proprio sulla scia dei bigattini che escono dai fori del piccolo feeder.

Le scogliere

Qui le cose si complicano in quanto in questi meravigliosi ambienti di pesca, più la stagione volge al bello, ancor più siamo legati, ai fini del risultato, a qualche bella scaduta di mare successiva all’arrivo di una perturbazione.

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Il mare si ingrossa, le onde strappano dalla sabbia e dagli scogli una grande quantità di cibo che poi si rende disponibile ai pesci proprio quando il mare da mosso tende a tornare calmo aiutato dal vento che progressivamente gira fino a spirare totalmente da terra.

Le acque da torbide tendono a virare verso il verde e poi verso il blu, l’onda non è più alta e fastidiosa e tra la schiuma spigole e saraghi sono impegnati a far man basso di tutto quello che il mare può offrirgli. E’ un momento magico e come tale deve essere sfruttato al meglio.

Bolognese di sette metri ad azione strong, mulinello 2500 o 3000 caricato con dello 0.18, un lungo guadino con rete in nylon a maglie larghe sono la base da cui partire. Come galleggianti possiamo impiegare le classiche palline rosse in balsa piombate, oppure un galleggiante tradizionale di forma sferica o a pera rovesciata.

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La pallina è più adatta a zone con profondità che varia dai 50 cm ai due metri, mentre il galleggiante deve essere impiegato quasi esclusivamente su fondali più profondi. Pescando con la pallina la piombatura deve essere costituita da qualche pallino spaccato mentre con il galleggiante tradizionale non c’è niente di meglio della solita lunga spallinata, una piombatura in grado di far lavorare bene l’esca su fondali importanti ed anche in caso di forte corrente.

Si pesca e si pastura a bigattino, cercando postazioni che presentano una discreta corrente in uscita e presenza di schiuma superficiale.

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Il limite esterno di pesca viene generalmente evidenziato dai detriti che stazionano su una linea parallela alla costa senza mai allontanarsi. Proprio lì andranno a finire i bigattini che lanceremo a mano sotto ai nostri piedi.

Le mangiate in questi frangenti saranno sempre molto franche e dovremo anche essere pronti a forzare i pesci allamati in modo che non riescano ad infilarsi tra gli scogli.

Il momento magico non dura poi molto e quindi conviene anche essere pronti con una canna di riserva già montata. La scaduta può essere affrontata a qualsiasi ora del giorno, ma se questa magicamente cade a ridosso dell’alba le possibilità di catturare qualche pesce con la P maiuscola aumentano notevolmente.

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