Nonostante sia presente in abbondanza, per la sua astuzia è considerato una preda molto difficile: si pesca principalmente nei porti o dalle scogliere artificiali esterne, sia con la canna fissa che con la bolognese, e in entrambi i casi la montatura può essere confezionata allo stesso modo.
Si infila sulla lenza che esce dagli anelli della bolognese o sulla madre della fissa, costituita da un monofilo dello 0,16-0,14 mm, un galleggiante di grammatura appropriata alla situazione, tenendo bene in considerazione la corrente, il moto ondoso, la profondità, mantenendoci comunque in una portata compresa tra 1 e 3 grammi.
Dopo il galleggiante si infilerà una torpille di peso leggermente inferiore alla portata del galleggiante, ed il tutto sarà rifinito con pallini del numero 9.
Un microattacco annodato all’estremità, permetterà di agganciare il terminale del diametro dello 0,12-0,10 mm costituito da una forcella di lunghezza di 40 e 30 cm con ami del numero 16 o 14.
L’abboccata del cefalo non è affatto netta e determinata, ma si manifesta con una serie di piccoli ma continui affondamenti del galleggiante, conviene quindi ferrare al minimo cenno di mangiata.
Una volta allamato, il combattimento sarà duro, con sfuriate del pesce in tutte le direzioni compiute nell’esplicito intento di liberarsi dall’amo: fermezza e pazienza saranno i requisiti indispensabili che ci permetteranno di guadinare la preda.
Le esche principali sono costituiti dal pane e dai suoi derivati. La pastura di pari merito con le esche, è altrettanto importante ai fini del successo finale. Come base possono essere utilizzate le pasture specifiche per il cefalo a base di formaggio a granulometria fine.
A queste si possono aggiungere ingredienti diversi, quali farina di pesce nella misura del 10% per rafforzare il potere richiamante.
La pastura deve essere lanciata in acqua con continuità, e ogni qualvolta vi sia una cattura, è bene ripetere l’operazione di pasturazione, per tenere sempre a tiro di canna il banco.