Pesca al Barbo. Come e Dove Cercarlo in Estate

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Durante il periodo estivo la portata idrica dei fiumi cala drasticamente a causa delle alte temperature e delle piogge sempre più scarse.

In un contesto del genere dobbiamo concentrare l'attenzione in tutti quei corsi d'acqua con una portata sempre accettabile, anzi, in taluni casi è proprio il periodo estivo che ci regala livelli ottimali per praticare con successo il barbelfishing.

In Italia abbiamo il Po, patrimonio alieutico inestimabile, oltre confine troviamo la Drava e altri fiumi interessanti con caratteristiche simili. Quindi, il pescatore specialista che vuole dedicarsi alla cattura dei grossi barbi estivi deve cimentarsi con questa tipologia di fiumi seguendo alcune regole di base molto importanti per una buona riuscita della sessione di pesca.

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Come pasturare

Proviamo a pensare, anche se in modo “spanno metrico”, alla massa d’acqua che abbiamo davanti. Se indicativamente peschiamo in una fascia d’acqua di 20 metri a circa 15 metri da riva abbiamo un ipotetico rettangolo di 300 mq che, su 6 metri di profondità, fanno centinaia di metri cubi di acqua, una quantità sufficiente per riempire una piscina olimpica e mezza.

In questa massa liquida lanciare qualche chilo di pellet è un po’ come presentarsi al terzo tempo di una partita di rugby con un pacchetto di noccioline salate, questo con trenta giocatori affamati. Se però facciamo le cose con un minimo di raziocinio c’è la concreta possibilità, se non di attirare il pesce, almeno di tenere in zona quello in transito per il tempo necessario affinché trovi gli inneschi.

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Caricare i feeders con mix a base di macro particelle aiuta, specie se integriamo l’offerta con pellets di dimensioni diverse, in questo caso lo sfarinato serve solo per tenere i pellets dentro il cage il tempo necessario che lo stesso arrivi sul fondo. Nello scegliere i pellets per il caricamento dei feeders prendiamo tre misure diverse, diciamo 8, 10 e 12 mm.

Con questo metodo, per il diverso peso, i pellets si allungheranno in modo disuguale in corrente. Se a questo aggiungiamo che diametri diversi significano tempi di scioglimento diversi ecco che, semplicemente usando prodotti dal diametro diversificato, otteniamo un “tappeto” di pastura che lavora più a lungo ed in modo disomogeneo, allungando nel tempo l’azione attrattiva e nutriente.

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Rispettare le tempistiche

Durante l’estate si possono incrociare diversi periodi, anche lunghi, dove l’attività del pesce è di molto ridotta. Le cause principali sono legate alle alte temperature, a livelli del fiume molto bassi e a una scarsa ossigenazione dell’elemento liquido aggravata da una corrente labile e asfittica.

In questi periodi i momenti in cui il pesce si nutre sono limitati e circoscritti durante l’arco della giornata e non è detto che coincidano con l’alba o il tramonto. Sbagliare questi momenti per una stupidaggine, quale un innesco non produttivo, può essere deleterio.

In una sessione di molte ore, come spesso capita nella bella stagione, è fondamentale non farsi trovare impreparati, vale a dire è necessario presentare un’esca perfetta nella presentazione e dall’appetibilità altrettanto perfetta. Un pellet non ha la resistenza e la durata di una boilie. In relazione al tipo di pellet e ad altri fattori quale corrente e temperatura, i tempi di scioglimento variano da 30 minuti a oltre 1 ora.

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Cambiare periodicamente e metodicamente gli inneschi diventa quindi la base del successo di una battuta ai grandi ciprinidi del Po. Se usiamo una sola canna o, al massimo, un paio, diventa facile ricordarsi quando è il momento di cambiare l’innesco, diverso il discorso se abbiamo più canne in pesca e quando le poche mangiate si alternano, ben distanziate, su canne diverse.

Per ovviare al problema e per non correre il rischio di “dimenticare” un pellet troppo a lungo, con riduzione o azzeramento della probabilità di abboccata, si cosniglia di attaccare al picchetto un disco orario, di quelli che normalmente vengono regalati dalle società assicuratrici al momento del rinnovo della polizza RC dell’auto. Una volta assicurato uno di questi dischi a ogni picchetto basterà cambiare l’orario sullo stesso per avere sempre un quadro preciso della “sosta” del pellet in acqua. Una sorta di scherzoso “barbo orario”, quasi un gioco, ma tanto semplice quanto efficace.

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Occupare il campo

In ambienti ampi come il basso corso di un grande fiume è indispensabile affrontare la sessione con un minimo di cognizione di causa. Recarsi sul fiume per lanciare a caso un’esca in un punto non preciso è di solito il modo migliore per non prendere pesce.

In relazione alla tipologia dello spot è fondamentale “occupare il campo” con raziocinio studiando e pianificando ogni mossa. Come in una partita a scacchi ogni azione deve essere propedeutica a ottenere un risultato finale ben preciso, che in questo caso è l’abboccata di barbi e carpe.

Pensate al fiume come a un campo di battaglia dove le nostre truppe, cioè le canne, e le nostre armi cioè gli inneschi, devono disporsi in modo ragionato e strategico per prevalere sulle forze avversarie, cioè i pesci.

Vediamo quale può essere la disposizione strategica in due tipologie di spot classiche che possiamo trovare lungo il basso corso dei fiumi.

La prismata

È un ambiente ostico dove spesso la nostra comodità va a farsi benedire e dove gestire più canne diventa operazione ardua. Il terreno esterno gioca tutto a favore dei pesci con il pescatore che è costretto a zampettare sui sassi come un muflone, ogni spostamento diventa virtualmente pericoloso e gestire tutto a portata di mano, senza alzarsi dalla seduta, è fondamentale.

A nostro vantaggio il fatto che la zona di pesca è abbastanza circoscritta, solitamente rimane a ridosso dei sassi o nel canale subito esterno agli stessi, zone di passaggio e nutrimento molto produttive dove barbi e carpe cercano grandi profondità a corrente moderata, magari al riparo da pennelli, punte o protetti da una curva.

Di contro, queste zone sono spesso cimiteri di feeders. In queste situazioni due canne sono perfette (schema 1), la prima a monte montata con un capiente cage feeder o open end lasciata in pesca con la “pancia” in modo da non soffrire l’azione della corrente.

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La seconda, a valle, con un semplice piombo di peso maggiore a quello che occorre, lasciata in pesca per sfruttare l’azione di pasturazione della prima e avere l’esca sulla scia della stessa, ovviamente entrambe le esche devono insistere sulla stessa linea di pesca.

La spiaggia

È un ambiente decisamente più comodo dove il fondale degrada dolcemente e dove si possono piazzare più canne.

Se siete in due, potete sistemare sulla battigia fino a 6 canne (schema 2), ma anche in questo caso occorre lanciare con raziocinio. Delle sei canne le prime quattro lavorano con i feeder mentre le ultime due sono a piombo secco.

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Tutte le canne vanno lanciate in punti precisi che, uniti da un’ipotetica linea, formerebbero un grafico altalenante. Il tutto serve per fornire una scia attirante omogenea e per non disperdere il pesce troppo a valle.

Curare anche la distanza fra le canne in modo da non dovervi trovare con una grossa carpa che, mangiando sulla prima canna, ingarbuglia le altre a valle. Almeno 7/10 metri sono la distanza minima per lavorare con una certa sicurezza.

Se siete da soli, le tre canne possono essere posizionate in modo che le prime due, a feeders, lavorino in scarico per la terza a piombo secco (schema 3). La prima a monte ospita un cage feeder dove lavora un mix coeso arricchito da micropellet e bigattini morti, la seconda lavora con un open end dove la presenza di pellet da 6/8 mm è preponderante rispetto alla stessa pastura. La terza a valle è a piombo secco.

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Le prime due assicurano la scia di richiamo per la terza purché la stessa venga lasciata alternativamente nella fascia di fondale a valle delle prime due che, proprio in relazione al tipo di zavorra e al suo contenuto, lavorano in fase di rilascio con tempi diversi, tempi sui quali incide anche l’intervallo di lancio con la prima che deve essere ricaricata indicativamente con tempi dimezzati rispetto alla seconda.

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